Uscire dal torpore e cambiare vita, l’ho imparato venendo qui!

A Selvapiana, l’inverno quest’anno non si è fatto praticamente mai vedere. La neve, pochissima, ha fatto la sua comparsa una sola volta, all’inizio di Dicembre. Dopo, nulla! L’anno scorso, appena arrivati dalla città, ci aveva fatto un bellissimo regalo di benvenuto, imbiancando per ben due volte queste splendide colline. Oggi, un anno più tardi, il termometro segna oltre 15 gradi, le piante stanno fiorendo e gli alberi già germogliano.

Amo l’inverno, da sempre. Amo le giornate di neve, che sanno trasformare ogni cosa, dando un tocco magico a qualsiasi ambiente. Mi rattrista vedere una stagione invernale così avara, secca, calda. Eppure, è così, meglio farsene una ragione in fretta.

Qualche settimana fa, approfittando di giornate già primaverili, ho deciso che fosse il tempo di mettere a posto il giardino. Quando siamo arrivati, a giugno del ’22, era da tempo abbandonato a sé stesso (come altre parti della casa): l’erba alta, i cespugli incolti e gli alberi avevano l’aspetto di chi non ha ricevuto alcuna attenzione, quantomeno da un po’ di tempo. Quando sono arrivato qui immaginavo che avrei completamente cambiato il mio stile di vita. Dall’appartamento in condominio che richiede la giusta cura, ad un enorme casone in campagna, circondato da terra e cose da fare.

Sono cresciuto in un ambiente simile, in Liguria, nella campagna che esplode di ulivi e case di una volta. Ma fino ad oggi avevo sempre avuto il ruolo secondario di assistente, di mia madre prima, di un ragazzo del paese che viene spesso ad aiutarla dopo. Non mi ero mai dovuto cimentare in una situazione in cui puoi decidere solo tra due opzioni: chiamare qualcuno che lo faccia al tuo posto, oppure impugnare gli strumenti del mestiere e darsi da fare.

Mia madre è una persona tremendamente attiva, a volte troppo. Spinta dall’impeto di voler fare, molto spesso bada più all’azione che alle giuste maniere di agire. Ha affinato la sua tecnica una volta andata in pensione, avendo più tempo a disposizione. Fino ad allora la sua è sempre stata una corsa a fare il (più) possibile, “perché quell’albero va potato”, “perché il prato va curato”, “perché quelle finestre vanno carteggiate”, e così per ogni cosa che riguardasse la casa. Credo di aver preso da lei, indubbiamente. Mio padre non si è nemmeno mai azzardato a sostituire una lampadina fulminata in autonomia. Se appena arrivato qui, davanti all’erba alta quasi come me, ho deciso di agire in autonomia, è sicuramente il frutto di un carattere più vicino a quello di mia madre che a quello di mio padre.

Il giardino “prima”

Così da subito ho deciso di darmi da fare, in giardino come altrove. Un po’ per esigenza, anche e soprattutto economica. Un po’ come sfida nei miei stessi confronti, intorpidito non dal mio carattere, ma da ciò che stavo diventando: “un ciondolante animale da città”. Nonostante le mie diverse abilità affinate in montagna, nonostante i miei anni in giro per il mondo tra stadi e aeroporti, nonostante la mia vecchia mansione da “organizzatore di eventi”, declinata in vari modi: promotore, magazziniere, autista, front office, responsabile alla rendicontazione. Di buono c’è che non mi sono mai tirato indietro e ho sempre manifestato la voglia di imparare, mettermi in gioco. Credo sia grazie a questo che sono sopravvissuto al torpore di una vita che si stava automatizzando su procedure sempre uguali, ma mai per me utili e appaganti.

Qui non c’è un giorno uguale all’altro. Soprattutto, qui non c’è un giorno in cui non ci sia qualcosa da fare. Perché la casa e ciò che la circonda hanno bisogno di cure. E perché, nonostante l’onda lunga della città poco distante, viviamo comunque un contesto ancora intatto e incontaminato, accarezzato e forgiato dalla natura, radicato su tradizioni proprie più del passato che del mondo moderno. Così, a 35 anni, stufo di organizzare il mio calendario sugli orari del traffico di punta della tangenziale o quelli di apertura del supermercato, venendo qui ho deciso che fosse arrivato il momento di imparare. Andando oltre gli errori iniziali, tanto marchiani quanto ampiamente prevedibili (col senno del poi); oltre la frustrazione causata dagli stessi; oltre la netta sensazione di aver operato secondo una logica debole, la mia, invece che secondo i capisaldi fondamentali di ogni azione che intraprendessi: falciare, potare, stuccare, rasare, pitturare, carteggiare.

Se passerete di qua, forse noterete qualche differenza nel colore del telaio in legno di alcune finestre della vecchia stalla. Troverete il residuo di alcuni tronchi a cavallo della rete di divisione, in giardino. Magari vi renderete anche conto della poca linearità del muro del vecchio fienile, rasato quasi sicuramente utilizzando il doppio dell’energia e della malta necessaria, davanti allo sguardo incuriosito (e forse anche divertito) dei vicini. Altre cose risulteranno anch’esse “alterate” rispetto a quello che dovrebbe essere il loro standard e questo almeno fino a quando non avrò appreso le giuste tecniche. Seguendo i consigli di chi ha più esperienza di me, ma soprattutto continuando a fare, invece di aspettare.

Il giardino “dopo”

Ieri, rovesciando all’interno del fienile i (pochi) ciocchi di legno fatti da me, ripercorrevo questo anno e mezzo passato con ogni diverso strumento in mano, senza che ne avessi mai impugnato davvero uno prima: non una motosega, non un’accetta, non una cazzuola, non una smerigliatrice, forse giusto qualche pennello. Sono onesto: una sensazione di orgoglio e di appagamento mi ha pervaso. Non sarà la miglior legna da ardere, non sarà il miglior giardino del paese, non sarà il muro più dritto tra quelli intorno. Ma sono il frutto del mio desiderio di fare e imparare. Più sinteticamente il frutto del lavoro, che ha un valore inestimabile, oltre quello solo economico.

Perché riesce a risvegliare ed emancipare ogni animo che si senta assopito e che, allo stesso tempo, non accetti questa condizione di stasi. Lavoriamo per vivere, meglio e forse auspicabilmente anche più a lungo. Non è mai il contrario. A me sono bastati un giardino da sistemare e un muro da rasare per rendermene conto.

Paolo